Benvolguts amics,
la presència de la Universitat de Sàsser a aquesta quaranta-unena edició de la Universitat catalana d’Estiu a Prada vol expressar el fortíssiminterès del meu Ateneu per trobar formes de col·laboració internacional amb una àrea, la catalana cap a la qual mirem amb simpatia no només per un passat comú sinó que sobretot per una concreta perspectiva de desenvolupament futur.En el meu programa presentata amb motiu de la campanya electoral per l’elecció del nou Rector de la Universitat de Sàsser vaig posar en relleu abans de tot un aspecte geogràfic, precisament en el moment en què s’engega l’Area mediterrània de lliure canvi, mentre es reforcen els lligams amb Còrsega i les Balears, amb la sencera àrea llatina, amb Europa, amb l’Africa del Nord.
La perspectiva d’una col·laboració de proximitat ha de ser la premissa per la Universitat de Sàsser per a una política cultural internacional que representi una fase de fort modernització i desenvolupament.
I en aquesta política d’internacionalització els lligams i les relacions amb Catalunya ocupen un lloc de relleu. Per l’esdevenidor és meu propòsit ben determinat de reforçar les relacions culturals amb els Països Catalans; relacions que considero com a característica identificativa de la Universitat de Sàsser. En l’àmbit dels convenis existents, profito l’avinentesa per proposar un intercanvi entre Sàsser i qualsevol de les Universitats catalanes associades. A més m’agrada recordar que Sàsser entrarà en la xarxa de les Universitats catalanes i treballarà al costat de l’Institut de Recerques en Ciències Socials de la Universitat de Perpinyà. Com vosaltres sabeu a Sàsser ja existeix una càtedra de llengua i literatura catalanes amb un lector de llengua materna catalana. És meva intenció tal com volem rellançar l’ensenyament de les llengües estrangeres també potenciar el de la llengua catalana. Abans de continuar la meva intervenció en italià us vull donar les gràcies encara en la vostra llengua.
Il mio intervento ora continuerà in italiano
Signor Consigliere, Rettori, Cari amici,
la presenza dell’Università di Sassari in Sardegna a questa 41 edizione dell’Universitat Catalana d’estiu a Prada vuole esprimere il fortissimo interesse del mio Ateneo a trovare forme di collaborazione internazionale con un’area, quella Catalana alla quale guardiamo con simpatia non solo per un passato comune ma soprattutto per una concreta prospettiva di sviluppo futuro.
Nel mio programma presentato in occasione della campagna elettorale per l’elezione del nuovo Rettore dell’Università di Sassari ho messo in rilievo innanzi tutto un aspetto geografico, proprio nel momento in cui prende avvio l’Area mediterranea di libero scambio, mentre si rafforzano i legami con la Corsica, con le Baleari, con l’intero “Arco latino”, con l’Europa, con il Nord Africa. La prospettiva di una collaborazione di prossimità deve essere la premessa per l’Università di Sassari per una politica culturale internazionale che rappresenti una fase di forte modernizzazione e sviluppo.
L’Università di Sassari si avvia a celebrare tra qualche tempo i suoi 450 anni di storia: dopo lo studio generale creato dai Gesuiti nell’età di Carlo V e di Filippo II, l’Università di Sassari fu costituita ufficialmente il 9 febbraio 1617 da Filippo III con le Facoltà di Arti, di Teologia, più tardi di Diritto e di Medicina. Le origini iberiche dell’Ateneo sardo si riflettono nella storia, nell’evoluzione e nelle strutture edilizie di un’istituzione che oggi conta 11 Facoltà, compresa la Facoltà di Architettura nata 10 anni fa come Facoltà di Architettura mediterranea e decentrata nella splendida cornice delle fortificazioni medioevali della città catalana di L’Alghé: una città che aderisce alla rete delle città storiche del meditrerraneo. Voglio ricordare alcune iniziative internazionali in corso a L’Alghé, come il corso di laurea magistrale biennale ed il master europeo in Pianificazione e politiche per l’ambiente realizzato congiuntamente con l'Università IUAV di Venezia, con l’Universidade Tecnica de Lisboa, con l’Universitat de Girona e con l'Universitat Autonoma de Barcelona.
Con i suoi 18000 studenti, i suoi circa 800 professori e ricercatori, i suoi 600 tecnici e amministrativi, l’Università di Sassari aspira ad essere riconosciuta come una antica università europea, proiettata sempre di più in una dimensione internazionale: nell’ultimo anno abbiamo accolto oltre 100 visiting professor, aprendo il nostro Ateneo al mondo a partire dall’area catalana, come testimoniano le lezioni tenute da Marc Mayer ai miei studenti. Ma voglio ricordare l’esistenza di un insegnamento di catalano nella nostra Facoltà di Lingue, la presenza di un lettore di madre lingua collaboratore esperto linguista catalano. In futuro è mio fermo proposito rafforzare questi aspetti culturali catalani che considero una delle caratteristiche identificative dell’Università di Sassari. Nell’ambito degli accordi esistenti, colgo l’occasione per proporre un interscambio reciproco di professori con il programma regionale di visiting professors e visiting scholars tra Sassari e ciascuna delle Università catalane associate. Consentitemi di ricordare il ruolo svolto in passato in Sardegna dal mio amico Jordi Carbonell i de Ballester che conobbi a Cagliari nel 1972 dopo la sua espulsione per motivi politici dalla Spagna franchista: una figura di filologo, di studioso, di intellettuale e di politico che amiamo e che so ha svolto in passato ruoli importanti per la Universitat catalana d’estiu e come Presidente dell’Esquerra Repubblicana de Catalunya. .
Siamo a vent’anni di distanza dalla Magna Charta universitatum, la solenne dichiarazione dei Rettori europei riuniti a Bologna nell’ottobre 1988, che indicava tra i principia ac fundamenta come pilastro dell’Universitas l’insegnamento, con linguaggio ciceroniano la docendi ratio oppure la discipulorum institutio, posta accanto e strettamente congiunta alla scientiae pervestigatio, alla ricerca scientifica: in universitatibus docendi rationem necesse est cum scientiae pervestigationem coniunctam esse ut usus moresque mutantes et procedentes sequatur. L’insegnamento costituisce il principium, l’elemento che giustifica l’esistenza dell’Universitas e che è reso vitale dal fecondo apporto della ricerca scientifica: siamo consapevoli che le forme dell’insegnamento, sono insieme espressione di una tradizione di studi secolare, ma anche debbono profondamente rinnovarsi, per inserirsi sempre più in un grande circuito europeo ed internazionale.
Questo è il punto debole del nostro Ateneo e siamo consapevoli che dovremo fare uno sforzo per migliorare la produttività, ridurre il numero dei fuori corso e dei “falsi studenti”, aumentare il numero dei crediti superati, estendere la mobilità internazionale. Siamo consapevoli che si rende necessario affrontare quello che è il tallone di Achille di tante università italiane, un processo di trasmissione delle conoscenze che forse ha fin qui privilegiato l’insegnamento, con scarsa attenzione per l’efficacia dei risultati e per l’apprendimento. L’innovazione del sistema formativo universitario ha prodotto un ampliamento dell’offerta. Non sempre, però, ne è conseguita una riconsiderazione dei modelli di impegno e di responsabilità d’azione dello studente, dei docenti e del sistema organizzativo all’interno del quale avviene il loro incontro, né una adeguata rivisitazione dei modi di fare formazione. Non mi riferisco qui ai modelli didattici delle singole discipline, ma al modo di intendere il percorso e le strategie dell’istruzione universitaria come parte di un più ampio processo di continuità formazione-lavoro: sia come costruzione mentale che come fattivo collegamento con i sistemi delle professioni. Tale continuità si declina su almeno due livelli: le competenze attese-richieste-anticipate (quali capacità lo studente dovrebbe possedere alla fine del percorso di studi, in termini di conoscenze, abilità tecniche, capacità interpretative di sé nel ruolo, nelle funzioni, nel contesto); la riflessione sulle competenze esercitate nella pratica lavorativa attraverso l’apporto esperto di professionisti. In questa direzione vanno sicuramente i tirocini che, però, appaiono ancora attività non sufficientemente integrate con l’impianto didattico complessivo. Tra gli Obiettivi prioritari del mio programma ho inserito: centralità dello studente, promozione culturale e sociale per tutti i meritevoli, partecipazione della componente studentesca a tutte le decisioni fondamentali della vita universitaria, aumento del numero dei laureati in Sardegna. Interventi presso le diverse Facoltà per seguire le matricole e combattere gli abbandoni, recuperare i debiti formativi, istituire i tutor o figure professionali specializzate per le diverse aree, con corsi di recupero, assistenza telematica agli studenti, ricollocazione degli studenti inattivi o che non abbiano maturato un minimo di crediti dopo il primo anno propedeutico; azione mirata per gli studenti lavoratori. Intendiamo garantire il coordinamento di tutta l’offerta didattica di Ateneo allo scopo di costruire nuove competenze e poter contribuire al raggiungimento di obiettivi indicati dall’Unione Europea relativamente al numero dei laureati in matematica, scienze e tecnologia; vogliamo rilanciare l’insegnamento delle lingue straniere ed in particolare della lingua catalana; vogliamo dare impulso a corsi interateneo di carattere internazionale anche con supporto telematico, con attenzione alla sostenibilità dei corsi ed alla valorizzazione della docenza di ruolo e riequilibrio delle risorse per la docenza sulla base dei fabbisogni e dei requisiti necessari dei corsi. Vogliamo rilanciare il ruolo dei referenti per la didattica, dei tutor, del servizio orientamento in entrata, dei tirocini e dello job placement nel quadro del processo di continuità formazione-lavoro e con una forte aderenza alle esigenze del mercato del lavoro. Ci proponiamo di verificare il processo di trasmissione delle conoscenze sulla base dell’efficacia dei risultati e dell’apprendimento; dobbiamo progettare un’offerta didattica che preveda la diminuzione numerica di corsi di studio, di sedi e di insegnamenti, verificandone la sostenibilità, garantendo l’intersezione con la ricerca scientifica; adotteremo un modello di autovalutazione guidata, che metta a frutto l’esperienza del Campus One e affronti il requisito di Qualità e del sistema di gestione per la qualità. Nascerà a Sassari un Comitato di Ateneo per l’autovalutazione delle attività didattiche, assistito da una commissione di valutazione per singolo corso di studio e dagli Uffici. Valorizzeremo la rete dei rapporti internazionali per favorire l’internazionalizzazione dei corsi di studio con una piena funzionalità del programma ERASMUS. Potenzieremo le Scuole di dottorato, con incremento del numero delle borse, cotutele internazionali, politiche per favorire l’inserimento dei dottori di ricerca presso il mondo produttivo.
Nella Carta dei doveri e dei diritti delle Università italiane approvata nel marzo 2001 i Rettori italiani hanno richiamato il ruolo dell'Università nella società della conoscenza, quale risorsa strategica dell’Unione Europea, al centro dei processi sociali e culturali, capace di creare ricchezza e sviluppo. Nell'attuale fase di trasformazione del’UE, il quadro complessivo appare ormai sempre più articolato ed è caratterizzato da: una maggiore rilevanza della dimensione sovrannazionale, l'avvento della società della conoscenza e della comunicazione, un velocissimo progresso tecnologico, l'affermarsi di nuove tecnologie informatiche, la globalizzazione delle dinamiche economiche e finanziarie, il mutamento delle professioni nuove e vecchie, l'aumento del benessere e dei consumi, ma anche la permanenza di sacche di miseria e di degrado, l'innovazione continua che richiede una formazione continua. È il tempo delle nuove produzioni basate sul lavoro intellettuale, mentale, immateriale. L'Università non è solo il possibile motore della crescita economica, in quanto è in grado di influire profondamente sui costumi, sui comportamenti, sui modi di pensare, sullo stato della cultura, per combattere il provincialismo culturale. L'Università è il grande bacino nel quale vengono elaborati modelli concettuali, esperienze intellettuali, i saperi fondamentali che defluiscono nella società: la responsabilità dell'Università in Sardegna è dunque particolarmente rilevante, perché gli interventi innovativi nell'Università avranno riflessi positivi sull'intera società isolana.
Del resto l'Università non deve solo raccogliere i bisogni che emergono dalla società ma deve essere capace di guardare a questi bisogni con un punto di vista nuovo, contribuendo ad immaginare nuovi scenari e nuovi orizzonti per la cultura europea, anche per la capacità di anticipare le tendenze anziché inseguirle.
La vitalità dell'Ateneo sassarese è legata alle sue radici secolari, alla sua tradizione culturale, alle sue risorse ed alle sue energie interne, che possono veramente trasformare l'Università nel luogo delle identità culturali, del sapere disinteressato che oggi non può però ignorare la pervasività dei saperi tecnici. In questo senso l'Università arriva in ritardo a confrontarsi con l'innovazione e ciò soprattutto nel Mezzogiorno ed in Sardegna: eppure il punto di partenza deve essere quello del riconoscimento del valore della diversità, che diventa capitale culturale, valore aggiunto. Noi ci portiamo dietro tradizioni di studi che fanno parte della nostra identità di uomini d'oggi e che possono costituire il lievito e la componente originale del nostro entrare nel mondo delle nuove tecnologie. All’interno del bacino del Mediterraneo l’Università di Sassari può svolgere ancor più che in passato un ruolo da protagonista: impegnata in una cooperazione con la riva Sud, che favorisca un confronto culturale e che abbatta vecchi e nuovi steccati e che combatta la divaricazione che quasi inesorabilmente il mondo sta drammaticamente vivendo dopo l’11 settembre 2001.
L'Università di Sassari intende valorizzare il rapporto con gli studenti non solo per un’alta ragione etica, ma anche per assolvere meglio alla propria missione storica, come nel passato, per accrescere il proprio prestigio e garantirsi così una posizione competitiva a livello internazionale. Oggi il confronto con altre realtà universitarie è più facile, grazie all'imponente scambio di informazioni in rete, ai viaggi di istruzione, alla mobilità internazionale, ai contratti di cooperazione internazionale che vedono coinvolta la quasi totalità dei nostri dottorandi e dei nostri specializzandi. I modelli esterni impongono ogni giorno un confronto che spesso rischia di essere perdente soprattutto per realtà fin qui chiuse come quelle isolane.
Per l’ERASMUS si rende necessario un forte sviluppo degli scambi internazionali che poggi su un qualificato rafforzamento degli uffici amministrativi e insieme su una decisa semplificazione delle procedure che sempre più decisamente debbono mettere al centro la crescita intellettuale e gli interessi formativi dello studente; che tenga conto dei differenti ordinamenti didattici e delle specificità delle Facoltà a cui appartengono gli studenti in partenza sia per la mobilità di studio e sia per i tirocini; che punti su una tempestiva liquidazione delle borse e su efficienti procedure di anticipazione; che favorisca l’introduzione di meccanismi di incentivazione e l’istituzione di premialità per gli studenti impegnati a conseguire crediti all’estero; che si prefigga di offrire tempestivamente un’adeguata preparazione linguistica agli studenti Erasmus “in partenza”; che punti a fare dell’esperienza di studio all’estero un momento caratteristico (e il più diffuso possibile) del curriculum dei nostri laureati. Il numero degli studenti coinvolti deve crescere ancora, e l’intero corpo docente di ogni facoltà deve essere impegnato su questo obbiettivo, a cui dobbiamo chiamare a concorrere anche le rappresentanze studentesche e le associazioni degli studenti Erasmus. Occorre monitorare sistematicamente le esperienze e attraverso un potenziamento delle convenzioni con le università straniere arrivare al reciproco riconoscimento di segmenti di curricula ed eventualmente alla gestione di attività formative integrate. Lo scambio di studenti e docenti con Università dei paesi del Maghreb deve essere sostenuto attraverso il programma di mobilità Averroé coordinato dall’Università di Montpellier, al quale il nostro Ateneo deve urgentemente aderire.
Guardiamo con interesse verso l'orizzonte europeo, rivendicando il ruolo avuto dagli Atenei italiani nel processo di armonizzazione del modello degli studi, un processo che prese l'avvio dall'ormai storica dichiarazione di Bologna: un processo che non sempre è stato felice e che ha istituto uno Spazio europeo dell’istituzione superiore che rischia talvolta di assorbire specificità e identità locali. L'Italia ha dimostrato, fino a questo momento, di avere onorato i propri impegni internazionali ed il ruolo che allora si assunse. La recente dichiarazione di Berlino ribadisce e conferma quella scelta, della quale viene riconosciuto l'alto valore sociale. Viene, in particolare, confermata la necessità che il sistema educativo dei diversi paesi sia articolato su due cicli primari e su un terzo ciclo di approfondimento, che è il Dottorato di ricerca; che i modelli degli studi siano basati su titoli non standardizzati ma comparabili e compatibili; infine, che i titoli siano descritti in termini di carico didattico, di risultati conoscitivi, di competenze e di profili, tenendo conto delle necessità del mondo del lavoro e della società.
I Rettori europei hanno di recente ribadito il convincimento che si debba procedere con sempre maggior lena verso la realizzazione di uno spazio comune della formazione superiore, nel quale l'unione delle nostre diversità e delle nostre culture contribuisca alla creazione di un sistema integrato, in cui si attui la mobilità degli studenti e docenti grazie alla compatibilità dei modelli. Se è vero che sarà necessario ancora del tempo per raggiungere una politica europea, lo Spazio comune dell'alta formazione e della Ricerca - l'Europa delle Università - sarà la strada più certa per creare i cittadini europei. Le Università sono impegnate a raggiungere questo obiettivo, per contribuire all'affermazione della realtà europea, un evento che segna una nuova era per tutte le Università del vecchio continente.
Di fronte alle contraddizioni di un processo che non sempre è stato lineare, centrale diventa il tema dell'autonomia e dell'autogoverno degli Atenei sia a livello di contenuti che di forme e di strumenti, verso un modello avanzato che non ignori certo l'esigenza di un coordinamento nazionale e insieme fissi obiettivi condivisi, garantisca il monitoraggio delle prestazioni universitarie, la valutazione, l'incentivazione dei comportamenti virtuosi.
In conclusione richiamerei gli obiettivi di Lisbona per “l’Europa della conoscenza” del 2010: ridurre il numero degli abbandoni precoci (al di sotto il 10%), costruire nuove competenze ed aumentare il numero dei laureati in matematica, scienze e tecnologia (almeno incremento del 15% con correzione degli squilibri tra sessi); aumentare la media europea di partecipazione ad iniziative di lifelong learning (almeno il 12% della popolazione tra 25 e 64 anni); estendere la mobilità degli studenti, docenti e personale preposto alla formazione ed alla ricerca; garantire a tutti l’accesso alle ICT; migliorare l’apprendimento delle lingue straniere contrastando la gara al ribasso e aumentando il numero dei docenti incardinati, incoraggiando una più stabile attività dei collaboratori esperti linguistici all’interno del Centro Linguistico di Ateneo. Per la lingua inglese e per le altre lingue è necessario prevedere dei corsi anche per l’aggiornamento dei docenti, in particolare per approfondire linguaggi tecnici e specialistici.
Sono però oggi qui a Prada per dire che consideriamo un poco questa anche come la nostra casa; l’Università di Sassari sosterrà in futuro la rete delle Università catalane e si metterà al fianco dell’Institut Català de Recerques en Ciènces Socials ed all’Università di Perpignan per allargare forme di collaborazione e di interscambio.
Voglio consegnare una medaglia a nome dell’Università di Sassari ai proff. Jaume Sobreqés, Rector dell’Universitat Catalana d’estiu e Salvador Giner Presidente della Fondazione dell’Universitat Catalana d’estiu e Presidente dell’Institut d’Estudis Catalans.
Colgo l’occasione per ringraziare l’on.le Carlo Sechi per l’impegfno posto nell’iorganizzazione di questo incontro.
martedì 1 settembre 2009
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