martedì 26 maggio 2009

Lettera al Preside di Scienze Politiche

Al prof. Virgilio Mura
Università di Sassari
e, p.c.
A tutti i colleghi dell’Università
SASSARI

Caro Lio,

considero preziosa la tua lettera sul futuro dell’Università di Sassari così come l’occasione di una discussione a viso aperto offerta dal dibattito promosso oggi dal “Progetto Magnifico” con Marco Tomasi e Laura Pedron, che cade in un momento cruciale, non solo per il prossimo appuntamento elettorale, ma altresì per le profonde trasformazioni strutturali delle università italiane e per la drammatica riduzione delle risorse che si annuncia all’orizzonte. Sono d’accordo con Te che i problemi da affrontare tra qualche mese nella nostra Università saranno gravissimi e dobbiamo lavorare per evitare di essere travolti, mentre si profilano pesanti minacce verso l’università pubblica e la sua funzione che - in particolare nel Mezzogiorno ed in Sardegna - è quella di promuovere lo sviluppo e colmare il divario con le realtà più avanzate. Dobbiamo prevenire il dissesto finanziario che rischia di colpire la maggior parte delle Università italiane a causa dei tagli del Fondo di Funzionamento Ordinario che potrebbero verificarsi se il Governo non integrerà (come è avvenuto costantemente negli anni precedenti) le cifre inserite nella legge finanziaria. Non è la prima volta, peraltro, che l’Ateneo discute questi problemi, anche se in questi anni ha avuto ragione chi raccomandava un approccio sereno e positivo, cosa che ha permesso di chiudere sempre il bilancio con un significativo avanzo di amministrazione. A differenza di quello che avviene per altri Atenei, il nostro è stato finora un bilancio sano, che chiude con le entrate correnti costantemente superiori alle uscite correnti, anche se le cattive prestazioni nella didattica potrebbero effettivamente ridurre le quote del FFO riassegnate dal Ministero. Eppure proprio in questi giorni continuano ad arrivare notizie positive sui tanti risultati ottenuti negli ultimi anni sul piano della ricerca scientifica.
Condivido però le tue preoccupazioni soprattutto sulla produttività didattica: c’è ora una prima fase, di emergenza, che occorre affrontare recuperando i fuori corso e gli studenti inattivi con misure straordinarie; c’è una seconda fase, con interventi differenziati di tutorato e coaching, che deve comportare l’indicazione di obiettivi, la valutazione dei risultati, un riconoscimento per i migliori. Forse abbiamo sbagliato a non anticipare gli eventi, sperando in un cambiamento ancora lontano, forse avremmo potuto imporre scelte di innovazione non condivise all’unanimità dagli Organi Collegiali. Si, forse avremmo dovuto insistere e fare di più.
Sempre di più siamo proiettati in una competizione internazionale di mercato alla quale dobbiamo partecipare mantenendo un forte radicamento nella nostra storia e nella nostra realtà locale. Sono convinto che per affrontare i drammatici problemi che si profilano all’orizzonte serva un rettore con una grande onestà intellettuale, esperienza amministrativa e piena conoscenza delle dinamiche e dei meccanismi dell’amministrazione, capace di difendere insieme una tradizione e un patrimonio ma che sappia anche proporre politiche di sviluppo per radicare sempre di più il nostro Ateneo in una cultura europea e in un ambito mediterraneo.
Non credo sia opportuno stare sulla difensiva ad aspettare lo tsunami che molti preannunciano: dobbiamo cavalcare l’onda, svilupparci, competere, per fare in modo che l’università si confermi in Sardegna come il presidio fondamentale del sistema democratico, attingendo a risorse finanziarie e umane; dobbiamo costruire rapporti e solidarietà, impegnarci per raccogliere risorse consistenti, per migliorare la buona reputazione ed il prestigio internazionale del nostro Ateneo. Dobbiamo avere visione, autonomia, libertà di pensiero e di azione, serenità, coerenza, capacità di occuparci delle eccellenze ma anche di non abbandonare gli ultimi; essere capaci di far appello a tutte le energie perché abbiamo veramente bisogno di tutti. Occorre allora una accelerazione degli interventi, un’innovazione profonda ed una politica lungimirante che impediscano la decadenza e consentano il recupero di un ruolo propulsivo per la nostra università, valorizzando un’autonomia che è un bene prezioso ma che non può essere sganciata dalla responsabilità, dal dovere di rispondere pubblicamente delle nostre scelte. Dobbiamo interpretare il nuovo federalismo, respingendo ogni modello gerarchico per il sistema universitario della Sardegna: questa strada aggraverebbe le attuali politiche di polarizzazione della popolazione, della ricerca, delle risorse grazie alla potenza demografica di Cagliari; viceversa intendiamo affermare un modello di università a rete, con condizioni di sviluppo paritetiche, significative specializzazioni e proiezioni verso l’esterno, grazie ad una forte mobilità internazionale che combatta una centralizzazione localistica.
Operativamente occorre affermare la cultura del fare, senza negare quella del sapere e del cercare, mettere in campo interventi concreti sul piano della progettazione del sistema, sul piano della riforma dello statuto, per semplificare gli organi e le procedure, decentrare le decisioni, contenere l’assemblearismo, legando le deleghe rettorali a precise competenze, con ampi margini di autonomia; potenziare i processi gestionali, la professionalità anche di chi si è formato al nostro interno. E, ancora, definire un modello organizzativo gestionale dei centri di spesa coerente col principio della distinzione dei poteri di indirizzo dalle funzioni di gestione. Di qui l’urgenza di adottare efficaci strumenti operativi e scelte in una logica di competenza, per semplificare le procedure e ridurre il numero dei processi, abbattendo i tempi della maturazione delle decisioni.
Dobbiamo estendere la cultura della responsabilità, fissare obiettivi, priorità, strumenti, risorse all’intero sistema, con una visione strategica e lungimirante, diventare militanti della programmazione, garantire un processo di valutazione equilibrato non solo sulla produttività dei docenti ma anche del personale tecnico amministrativo. Il cambiamento che ci aspettiamo significa misurare il merito, valutare i risultati, diventare più professionali rivolgendoci anche a risorse esterne.
È opportuno affermare principi e valori che rappresentino un quadro di riferimento: trasparenza, imparzialità dell’azione amministrativa, merito, lotta al clientelismo, al nepotismo, alle pressioni corporative o di appartenenza, sussidiarietà tra Dipartimenti, Facoltà, Uffici, capacità di leggere con spirito critico la realtà, efficienza, efficacia delle decisioni, consapevolezza della complessità di problemi, non sottovalutazione dei rischi, delle incognite, delle minacce, semplificazione amministrativa. È arrivato il tempo di un ripensamento sulle modalità organizzative dell’Ateneo per sviluppare processi di insegnamento e apprendimento integrati con la ricerca, processi di innovazione, riforma e valorizzazione delle risorse umane e delle professionalità, pur tenendo in conto il quadro generale di crisi.
Occorre soprattutto fare cose precise, progettare una nuova struttura amministrativa, pensare ad una nuova presentazione della contabilità economico patrimoniale, mettere in campo meccanismi competitivi che stimolino politiche di eccellenza nella ricerca, nella formazione, nel trasferimento tecnologico, nella mobilità internazionale. Legare la valutazione all’attribuzione delle risorse, ai premi di produttività, all’assegnazione dei finanziamenti, alla ripartizione di una quota significativa di posti di ruolo di ricercatori e personale.
Allora non è solo un problema banalmente quantitativo, di indicatori da rispettare. È innanzi tutto una grande sfida culturale, fatta di passione civile e di impegno personale, sicuri che dovremo rendere conto di quello che non saremo capaci di fare. Ho fortissimo il senso del limite delle azioni dei singoli e sento vivissima la necessità di costruire alleanze e di trovare sinergie, di fare squadra, di ascoltare il parere di tutti, di collegare tra loro i territori e le esperienze della Sardegna. Non sarà certamente facile ma è mia ferma intenzione provarci, con ottimismo, energia e voglia di fare. Con te e con chiunque altro mi vorrà aiutare in questo difficile percorso.
Un affettuoso saluto
Sassari, 20 aprile 2009.
Attilio Mastino

Sedi Gemmate. Lettera al Sindaco di Nuoro

Ill.mo Dott. Mario Demuru Zidda
Sindaco di
NUORO


Caro Signor Sindaco,

sono stato molto colpito dalla Sua lettera del 17 aprile con la quale commenta i temi affrontati nella campagna elettorale per l’elezione del nuovo Rettore dell’Università di Sassari, alla quale partecipo con emozione e speranza per il futuro. Ritengo giusto che l’Università senta il dovere di presentare e difendere pubblicamente le proprie scelte strategiche. Come è noto le risorse a disposizione delle Università italiane, in particolare nel Mezzogiorno ed in Sardegna, sono insufficienti proprio nel momento in cui si sviluppa una forma di competizione “di mercato” che tende a far sopravvivere i più forti: non intendo nascondere la preoccupazione per un futuro denso di incognite e di minacce all’autonomia universitaria soprattutto in un’isola come la Sardegna, con gravissimi tagli alle risorse che si intravedono all’orizzonte, che avranno drammatiche ricadute sul sistema socio-economico.
E’ noto come molte sedi gemmate, non solo in Sardegna, siano nate sotto la spinta della società civile, che sperava di aprire i territori verso l’esterno, auspicando l’arrivo di studenti e professori da altre regioni e da altri paesi: per il Nuorese avevamo tutti concepito la speranza di un grande investimento fatto di spazi, di risorse, di docenti, di studenti, soprattutto di una scelta culturale alta e di qualità, sostenuta dalla concordia delle forze politiche e dalla rapidità degli interventi. Viceversa la nascita dei corsi universitari in alcune realtà è stata accompagnata da evidenti ritardi delle pubbliche amministrazioni e ha rischiato di innescare un’ulteriore chiusura, un ripiegamento, una limitazione ed un impoverimento; non sempre le sedi gemmate hanno avuto adeguata stabilità ed hanno potuto offrire agli studenti la possibilità di seguire dibattiti e convegni, di fruire di servizi come biblioteche, mense, impianti sportivi; spesso le attività universitarie hanno drenato preziose risorse che sarebbero potute essere meglio orientate verso lo sviluppo.
I risultati fin qui conseguiti nella didattica non sono esenti da ombre e l’immagine stessa delle due Università sarde in qualche caso ne ha risentito pesantemente. Credo che vada ripensata tutta la politica delle gemmazioni, tenendo conto soprattutto del fatto che frequentare l’università non si esaurisce nel seguire le lezioni e dare gli esami, ma deve comportare un’esperienza internazionale, aperta e stimolante, inserita in un ambiente vivace e attivo.
L’Università di Sassari ha notevolmente ridotto in questi anni la presenza nel territorio, sulla base di un processo di razionalizzazione che è stato fortemente voluto dal Senato Accademico: i corsi di Nuoro, Olbia, Oristano hanno ragione di esistere soltanto nella misura in cui qualificheranno l’offerta formativa e la collegheranno alla ricerca ed alle vocazioni locali, solo se il territorio sarà reso più ricco per la presenza stabile di docenti, laboratori, centri di ricerca. L’università diffusa non può essere solo lo strumento per intercettare la domanda locale e neppure solo un attrattore di risorse, di interessi, di iscritti, di docenze per l’alta formazione: gli interessi locali si debbono incontrare con una prospettiva alta di insegnamento e di ricerca, con una forte residenzialità e con un’alta qualità. Per ottenere risultati significativi occorre che i Consorzi, le Fondazioni, i Comuni, le Province, la Regione garantiscano risorse adeguate agli standard qualitativi necessari, liberando l’Ateneo da qualunque tipo di intervento finanziario per il pagamento delle docenze: penso soprattutto a borse di studio per studenti stranieri, a servizi di ospitalità, a laboratori, con una sinergia con le eccellenze presenti sul territorio.
Per il futuro occorre contenere al massimo la politica delle gemmazioni garantendo la piena sostenibilità nel tempo, evitando sprechi, diseconomie e duplicazioni. Non c’è spazio in Sardegna per nuovi poli universitari autonomi al di fuori di Sassari e Cagliari, ma anzi qualcuno evoca in questi giorni lo spauracchio della nascita di un’unica fondazione universitaria federata regionale.
Noi dunque ci muoviamo in un quadro peno di vincoli: personalmente considero l’esperienza nuorese avviata quasi vent’anni anni fa (con i corsi in scienze forestali ed in scienze ambientali) come un tentativo generoso dell’Università di mettersi al servizio del territorio per lo sviluppo delle zone interne, nel momento in cui si apriva la prospettiva del Parco del Gennargentu. Un’esperienza che non possiamo abbandonare, ma riqualificare soprattutto alla luce dell’ornai imminente disegno di legge di riforma delle università italiane che sarà pubblicato nelle prossime settimane, che subordina la programmazione organica del sistema universitario ad un rapporto diretto con le autonomie locali, in particolare per quanto riguarda l’università diffusa sul territorio. Nel momento in cui, già da 5 anni, il Ministero ha tagliato il capitolo relativo all’edilizia universitaria, credo che dobbiamo avviare una riflessione che coinvolga la Regione Sarda e il sistema delle autonomie per contribuire a trovare risorse e soluzioni soddisfacenti, per programmare, pianificare e valutare. Con un metodo nuovo, sono fiducioso che si apriranno nuovi spazi di collaborazione e di integrazione e che la presenza universitaria a Nuoro potrà essere adeguatamente difesa.
La ringrazio per avermi coinvolto nel dibattito e sono felice di incontrare Lei e gli amministratori interessati in qualunque momento.

Sassari, 25 aprile 2009.

Attilio Mastino

Lettera al Preside di Giurisprudenza sulla laurea a Gheddafi

Al prof. Vanni Lobrano
Preside della Facoltà di Giurisprudenza
SASSARI


Oggetto: Laurea ad honorem a Gheddafi.

Caro Vanni,
faccio seguito al biglietto che ti ho inviato qualche giorno fa, con l’intento di contribuire alla discussione avviata dalla Facoltà di Giurisprudenza dopo l’approvazione della proposta di conferire la laurea ad honorem al colonnello libico Muhammar Gheddafi.
È scontato che il riconoscimento di meriti e di competenze specifiche in ambito giuridico del candidato rientra nell’autonomia e nella piena responsabilità della Facoltà; ed è altrettanto scontato che qualunque sollecitazione esterna, sia a favore che contro debba essere lasciata al di fuori dei termini di una decisione di merito che compete in via assolutamente prioritaria alla Facoltà. Non entro perciò nel tema specifico, intanto perché credo che dobbiamo abbassare i toni e sinceramene non ritengo che la Facoltà abbia voluto beatificare nessuno. Del resto il Senato Accademico non sembra voglia esprimersi positivamente sulla proposta e credo che di fatto abbia voluto prendersi una doverosa pausa di riflessione.
È però del tutto evidente (dalle numerose reazioni critiche e dall’aperta contestazione in qualche caso anche fuori dalle righe), che è stato toccato un nervo scoperto e che l’occasione si è rivelata preziosa per parlare di diritti umani, di squilibri culturali nel Mediterraneo, di condanna del terrorismo alimentato spesso dall’intolleranza e dal razzismo che si è andato sviluppando purtroppo anche nel nostro Paese.
Chi mi conosce sa che ho dedicato la mia vita a costruire rapporti positivi con tutti gli archeologi del Maghreb, con gli intellettuali più aperti e più illuminati, impegnati nella difesa del patrimonio pre-islamico e interessati ad un dialogo con l’Occidente che parta dalla rivalutazione del mondo antico ma anche da un rapporto personale capace di entrare in sintonia con gli altri. Assieme a Te dentro l’ISPROM abbiamo lavorato non per entrare in contatto con i vertici spesso autoproclamatisi, ma con la società civile dei paesi magrebini, con le tante persone di buona volontà che aspettano da noi un gesto di simpatia e di amicizia.
Indubbiamente la figura di Gheddafi è ancora vista in occidente con molte riserve. Eppure la Facoltà di Giurisprudenza ha avuto un merito: quello di porre con forza il problema della cooperazione con la riva Sud del Mediterraneo, magari anticipando i tempi che prima o poi condurranno a mettere una pietra sopra antichi risentimenti ed ostilità. Occorre veramente superare lo scontro fra civiltà ed apprezzo la sensibilità della Facoltà, anche se voglio dire esplicitamente che lo strumento della laurea ad honorem al Colonnello Gheddafi non mi pare appropriato per aprire un capitolo nuovo nelle relazioni della Sardegna e dell’Europa con il popolo libico, al quale dobbiamo guardare con rispetto e con la piena consapevolezza dei gravi errori compiuti nel periodo coloniale. Del resto non credo che una cerimonia controversa possa migliorare queste relazioni e spero che il Senato Accademico voglia contribuire a ricercare altre strade alternative per favorire quei rapporti di amicizia e di cooperazione con il popolo libico che sono alla base della vostra proposta.
Semmai dobbiamo rilanciare per il futuro alcune iniziative scientifiche e didattiche di grande respiro, alcune grandi idee, che sono quelle della Legge Regionale sull’Università che prevedeva la fondazione in Sardegna di un Collegio Mediterraneo aperto agli studenti dei paesi arabi: penso anche alla istituzione di Borse di studio ERSU per aprire le sedi decentrate e l’intero Ateneo a studenti provenienti anche dalla sponda sud del Mediterraneo, alla mobilità dei docenti, alle convenzioni con le più prestigiose Università dei paesi arabi più vicini a noi, alla nascita di centri di ricerca comuni.
Senza dimenticare il passato, con la piena consapevolezza che dobbiamo evitare giudizi affrettati, errori e forzature dall’una e dall’altra parte.
Con affetto e amicizia.

Sassari, 23 maggio 2009.

Attilio Mastino

venerdì 8 maggio 2009

Presentazione Blog

Un Ateneo europeo proiettato anche nel Mediterraneo, di qualità, capace di misurarsi in un confronto internazionale ma fortemente radicato in una Sardegna che non tradisca la propria originale identità.

Per costruire il futuro del nostro Ateneo dobbiamo partire dal valore di un patrimonio storico, fatto di strutture, di persone, di rapporti internazionali, di sinergie col territorio: nella sua complessità e nella sua ricchezza di contenuti umani e scientifici. Intendiamo adottare un nuovo punto di vista e progettare un’Università nuova, capace di misurarsi in un confronto internazionale, presidio fondamentale del sistema democratico, impegnata a trasformarsi nel motore dello sviluppo. . E’ necessario un forte impegno di innovazione e di modernizzazione, un deciso cambiamento di fronte alle minacce che si profilano all’orizzonte, accelerando gli interventi, con una forte spinta riformista, dando spazio ai giovani, alle donne, a tutti coloro che abbiano talento, valorizzando le competenze di ciascuno ed il merito, attraverso la valutazione dei risultati.

Non sono ammissibili ritardi e dobbiamo perseguire coraggiose politiche di sviluppo, di innovazione, di razionalizzazione, con una nuova governance, un nuovo modello organizzativo fondato sul rispetto per le persone, con consistenti investimenti sul piano delle strutture e dei servizi.

Questo programma guarda con speranza e con serenità al futuro, in una prospettiva operativa, indicando obiettivi, priorità, strumenti e, dove possibile, risorse disponibili.


Attilio Mastino