sabato 1 agosto 2009

La classifica sulle Università italiane. Osservazioni sugli indicatori utilizzati dal Ministero

La classifica degli Atenei più virtuosi approvata dal Ministro Gelmini e comunicata dalla stampa ci ha lasciato con l’amaro in bocca, per il modello di valutazione ipotizzato, per gli indicatori adottati e per il risultato finale, fortemente penalizzante per quasi tutte le Università del Mezzogiorno e delle isole, destinate a perdere risorse già nel 2009 rispetto all’anno precedente: i più ricchi ottengono pochi finanziamenti aggiuntivi, a danno dei 27 Atenei collocati in contesti territoriali difficili e spesso pesantemente investiti dalla crisi. Le pagelle vengono compilate nel nome della premialità basata su discutibili indicatori di produttività, merito ed efficienza: eppure appena qualche settimana fa l’Università di Sassari si era classificata al primo posto in Italia tra i medi atenei per i servizi agli studenti (con un’ottima valutazione del CENSIS per il numero di borse, le strutture ed il sito web). Ottimi erano stati i piazzamenti di alcune facoltà: Architettura ad esempio si è classificata al primo posto in Italia. I nuovi indicatori mascherano i tagli di risorse e non sono veritieri, costruiti come sono a vantaggio di una élite di Università ricche, che pensano di essere più esposte al confronto internazionale e più orientate al mercato (è un caso che siano virtuosi i Politecnici, di propria natura tecnologizzati e attrattivi di risorse per la ricerca?), mentre quelle meridionali e insulari pagano un secolare ritardo da parte del governo centrale nell’investimento sulle risorse, sulle strutture, sulla docenza.
Intanto le risorse destinate per il riequilibrio (oltre 500 milioni) dovevano essere aggiuntive, senza tagliare il Fondo di Funzionamento Ordinario, e soprattutto dovevano premiare l’impegno di chi tenta di risollevarsi, per ridurre il divario tra realtà diverse, nel nome di un patto di solidarietà. Attribuire alle Università la responsabilità della bassa occupabilità dei giovani dopo tre anni dalla laurea è veramente un imperdonabile errore, come lo è non aver discusso i parametri adottati per renderli condivisi da parte di tutte le Università e per adattarli a contesti policentricamente diversi.
In questi giorni, dunque, non siamo accerchiati solo dal fuoco: il coordinamento delle Università delle Regioni del Mezzogiorno e delle isole, riunito giovedì scorso in occasione della Conferenza dei Rettori, ha contestato alcuni degli indicatori adottati dal Governo, ha richiamato le specificità delle Regioni dell’Obiettivo Uno, ha posto il tema della solidarietà nei confronti delle realtà territoriali più fragili, nelle quali le Università debbono veramente essere il motore dello sviluppo, anche se non possono contare sul sostegno di Fondazioni ed imprese. Il fatto che in testa alla graduatoria ci sia l’Università di Trento la dice lunga sulle risorse destinate dalla Provincia Autonoma a favore del proprio Ateneo: ci chiediamo se davvero possiamo affermare che uguale attenzione è stata in passato garantita dalla Regione Autonoma della Sardegna nei confronti delle Università di Cagliari e di Sassari, che pure hanno una storia ben più lunga e significativa. Credo che dovremo mobilitare il Consiglio Regionale e chiedere al Presidente Ugo Cappellacci di reagire, di stare a fianco delle due Università storiche della Sardegna anche in occasione dell’incontro dei Governatori delle Regioni del Mezzogiorno e delle isole, programmato dal Coordinamento dei Rettori interessati per il mese prossimo. L’occasione della firma della nuova intesa tra la Regione e le due Università per il prossimo triennio è preziosa per indicare obiettivi, sinergie, risorse per combattere l’isolamento causato dall’insularità, per favorire l’attrattività e l’arrivo di docenti e studenti stranieri, per aprire gli atenei sardi al mercato globale ed in particolare al Mediterraneo. Siamo disponibili a discutere l’organizzazione della didattica in rapporto alle linee di sviluppo della Regione ed alle prospettive occupazionali.
Se la volontà del Ministro era quella di stimolare gli Atenei considerati meno virtuosi, credo che lo strumento utilizzato rischi di ottenere l’effetto contrario, riducendo le risorse per portare avanti politiche di sviluppo e modernizzazione, togliendo l’ossigeno necessario per sostenere una fase di rilancio della didattica e della ricerca, limitando l’accesso dei giovani ricercatori. A meno che l’obiettivo non sia quello di promuovere una politica che porti alla chiusura di alcune università del Sud, in un quadro ‘federale’ del tutto distorto.
Non voglio eludere, di certo, il tema della bassa produttività nella didattica nell’Università di Sassari, che non ha solo aspetti quantitativi ma che nasconde le difficoltà nelle quali versano i giovani sardi e più in generale tutta l’economia isolana: il problema esiste, non è da addebitare soltanto alla pendolarità di una parte dei docenti ed è collegato a monte con la scuola ed a valle con le possibilità occupazionali che si offrono concretamente in Sardegna. Eppure dobbiamo combatterlo con tutte le nostre forze, con rigore e serietà. Vogliamo riaffermare la centralità dello studente ed arrivare alla promozione culturale e sociale per tutti i meritevoli; intendiamo aumentare il numero dei laureati in Sardegna, in particolare nelle discipline scientifiche ed in quelle aree dove saremo indirizzati dalle linee di sviluppo della Regione. Dobbiamo progettare interventi presso le Facoltà per seguire le matricole e combattere gli abbandoni, recuperare i debiti formativi, ridurre il numero dei fuori corso e dei “falsi studenti”, istituire i tutor o figure professionali specializzate per le diverse aree, con corsi di recupero, assistenza telematica, ricollocazione degli studenti inattivi o che non abbiano maturato un minimo di crediti dopo il primo anno propedeutico; si deve avviare un’azione mirata per gli studenti lavoratori. Dobbiamo verificare il processo di trasmissione delle conoscenze sulla base dell’efficacia dei risultati e dell’apprendimento; progettare un’offerta didattica che preveda la diminuzione numerica di corsi di studio, di sedi e di insegnamenti, verificandone la sostenibilità, garantendo l’intersezione con la ricerca scientifica; dobbiamo adottare un modello di autovalutazione guidata, che metta a frutto l’esperienza del Campus One e affronti il requisito di Qualità e del sistema di gestione per la qualità. Nascerà tra breve un Comitato di Ateneo per l’autovalutazione delle attività didattiche, assistito da una commissione di valutazione per singolo corso di studio. Dobbiamo valorizzare la rete storica dei rapporti internazionali per favorire l’internazionalizzazione dei corsi di studio con una piena funzionalità del programma ERASMUS. Respingiamo, di contro. un modello di Università in cui vengono parcheggiati i giovani in attesa di occupazione.
Siamo i primi, dunque, a chiedere ai docenti, agli studenti, al personale tecnico amministrativo più impegno e responsabilità, più disponibilità ad essere valutati; sempre con un occhio positivo ai problemi di tutti, ma con una fortissima volontà di cambiamento delle strutture stesse del nostro Ateneo. Più in generale, dobbiamo ripensare all’Università come legata al territorio; e sogniamo Sassari come il luogo di formazione anche per tantissimi studenti stranieri. Difenderemo la nostra Università con ogni nostra forza, perché intendiamo difendere innanzi tutto la società e le culture della Sardegna.

Attilio Mastino
Rettore eletto dell’Università di Sassari

Nessun commento:

Posta un commento